L’assedio continua – tratto da Storie di genitori e figli
2017-04-20Dal Ministro Lorenzin: superate le 50.000 firme … ancora nessuna risposta!
2017-05-04L’assedio continua – tratto da Storie di genitori e figli
2017-04-20Dal Ministro Lorenzin: superate le 50.000 firme … ancora nessuna risposta!
2017-05-04Nel mondo odierno di perfezione ed individualismo si combatte continuamente per ottenere visibilità e consenso. Chi non rientra nei severi canoni dell’apparire finisce per svanire tra i tanti. La società non si sofferma sull’intorno, non si interroga dei bisogni dell’altro, soprattutto se questi bisogni richiedono uno sforzo superiore di energie.
I sentimenti vengono offerti a patto che siano quelli più banali del dare per ricevere, di affetto per secondi fini, di sorrisi ipocriti. In questi nostri tempi moderni se leggiamo qualcosa di commovente e eccezionalmente profondo automaticamente ci aspettiamo provenga dall’intelletto di una persona perfetta come noi. Quello che invece riesce ad esprimere Francesca Tirico, attraverso la sua tastiera con cui comunica al mondo la sua personalità, sono poesie e riflessioni, stati d’animo e pensieri di una donna di trentatré anni affetta da una malattia metabolica congenita del ciclo delle purine: la carenza enzimatica di adenilsuccinatolisi. La vita di Francesca è totalmente e inevitabilmente legata al progredire o regredire della patologia. Tale malattia “rara” le viene diagnosticata nel 1992 dal professor Costantino Salerno che, già titolare della cattedra di biochimica all’università La Sapienza di Roma, nel 1990 riceve l’incarico di primario del servizio di enzimologia clinica al policlinico Umberto I. Francesca, impropriamente definita autistica pochi anni dopo la nascita – anche se i primi sintomi della sua patologia si manifestano intono i sette mesi di vita – solo grazie all’analisi di campioni di urine voluta dal professor Salerno, evidenzia l’alterazione metabolica delle purine e quindi il deficit di adenilsuccinatolisi. Questa malattia causa ritardo grave psico-motorio sotto forma di epilessia, perdita dell’equilibrio, aprassia motoria e difficoltà nella comunicazione. Il professor Salerno a questo punto effettua screening di tutta la famiglia Tirico la quale risulta portatrice sana della malattia. La caparbietà del dottor Salerno rinfranca i genitori di Francesca, da sempre convinti della superficialità della diagnosi di autismo per la figlia e speranzosi che per questa malattia, seppur rara, esista una cura in grado di aiutare la figlia a intraprendere una vita il più normale possibile. Infatti, fin dai primi anni di vita di Francesca, la malattia si manifesta attraverso la sintomatologia dell’autismo: l’impossibilità di comunicare con gli altri – frequenti crisi di paura che si manifestano con grida e pianti – e una grave prassia accompagnata da gesti automatici ripetuti in successione senza scopo. Anche il livello motorio è fortemente disturbato in quanto Francesca non è in grado di controllare gli sfinteri e la salivazione, gli arti sono rigidi e ha bisogno di un adulto per compiere i movimenti. Se però è chiaro a tutti che la comunicazione con gli altri è complicata, non vale lo stesso per la comprensione.
Improvvisamente però nel 1997 il Servizio Speciale di enzimologia clinica viene chiuso e la cura sperimentale avviata dal professor Salerno si arresta: i fondi messi a disposizione dalla C.E. per effettuare in Italia screening sulla carenza di adenilsuccinatoliasi non possono essere utilizzati, ma soprattutto le cure sperimentali intraprese da Francesca vengono interrotte. Quando la famiglia Tirico pensava di aver trovato la strada per aiutare la propria figlia tutto si complica con evidenti ritorsioni sullo stato fisico di Francesca, all’epoca una ragazzina di tredici anni. Si inizia una battaglia per ottenere attenzione sul caso Tirico da parte di politici e giornalisti; sono raccolte 700 firme a favore della riapertura del Servizio di enzimologia clinica; il deputato Paolo Cento presenta un’interrogazione al Ministero della Sanità alla quale – inspiegabilmente – risponde il Ministero della Ricerca Scientifica.
Del caso di Francesca si inizia ad interessare l’opinione pubblica, il quotidiano La Repubblica infatti porta a conoscenza la grave situazione in cui versa la quattordicenne privata delle cure a causa della mancata riapertura del servizio di enzimologia dell’Umberto I. Il Ministro della Sanità, Rosy Bindi, viene informata dall’Associazione CODICI, centro per i diritti del cittadino, con una lettere alla quale non segue risposta. Nel luglio dello stesso anno viene approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione il progetto “Comunicazione facilitata e continuità didattica” presentato dalla signora Lina per permettere alla figlia una normale inclusione nella scuola media e successivamente nella scuola superiore insegnando ai docenti come assistere la ragazza all’interno della sua classe. Il progetto sarà approvato annualmente anche dal Provveditorato agli studi di Roma e dal M.I.U.R. concludendosi nel 2006 con l’esame di stato.
A settembre esce un altro articolo sulla Cronaca di Roma nel quale il manager del Policlinico Umberto I, Riccardo Fatarella, assicura che si continuerà a curare Francesca. Sono le ennesime parole al vento.
Un nuovo appello esce nel 1998 su La Repubblica mentre le attrezzature del professor Salerno vengono ritrovate nei sotterrai del Policlinico Umberto I in uno stato di abbandono dopo la chiusura del Servizio Speciale di enzimologia clinica.
Finalmente nel 1999 viene formalizzata la richiesta della famiglia Tirico che, sostenuta da numerose associazioni, chiede al Direttore sanitario dell’Umberto I di fornire una risposta alternativa alla chiusura del servizio. Viene quindi interpellato il professor Salerno che propone l’istituzione di un centro di riferimento per le malattie metaboliche rare: con deliberazione n. 942 del 30 ottobre 2000 l’Azienda Policlinico Umberto I chiede alla Regione Lazio di istituire un “Centro di riferimento per la caratterizzazione biochimica e l’assistenza per le malattie metaboliche rarissime”. Per cercare di aiutare la loro compagna di classe e per far sentire anche la loro voce i compagni di Francesca inviano un’accorata lettera al Ministro della Sanità Rosy Bindi. Nello stesso anno viene istituita l’A.N.P.A.M.M., associazione per le malattie metaboliche rare del ciclo delle purine, con lo scopo di sollecitare diagnosi più approfondite dei soggetti ritenuti autistici con la stessa sintomatologia di Francesca.
Il quotidiano La Repubblica torna nel 2000 sul caso Tirico con quattro articoli tra febbraio e marzo; a questo punto, a maggio, viene interessato anche il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Sperando di ottenere una maggiore attenzione alla criticissima e gravissima situazione di Francesca, della sua rara malattia e relativo calvario si occupa la trasmissione “La Vita in Diretta”, senza però ottenere risultati concreti. Diverse associazioni incontrano i rappresentanti dei gruppi del Consiglio regionale del Lazio in presenza del Presidente della Commissione Sanità; successivamente il Consiglio Regionale approva all’unanimità una mozione per la riattivazione del servizio di enzimologia clinica sotto la direzione del professor Salerno. Purtroppo, allo stato attuale, questa mozione non è ancora stata presa in considerazione dalla Giunta regionale del Lazio. La famiglia Tirico, sempre in prima linea, scrive al Ministro Veronesi e alla Senatrice Fumagalli. A questo punto risponde il capo della Segreteria particolare del Ministro: sembra che qualcosa si muova per la condizione di Francesca, fino a quando tutto torna a bloccarsi inesorabilmente. Ad aggravare la situazione, i genitori di Francesca vengono denunciati dalla neuropsichiatra della Asl di appartenenza al Tribunale dei Minori per aver rifiutato, per la figlia, la proposta di ricovero entro una struttura neuropsichiatrica e di somministrarle il farmaco tegretol. Il Tribunale, senza neanche convocare i Tirico, procede togliendo loro la patria podestà e conferendola alla Asl con l’intento di far ricoverare Francesca. Fortunatamente il legale della famiglia Tirico riesce a far revocare questa delibera.
Nel 2001 intanto il Policlinico delibera un servizio diagnostico per i pazienti in età evolutiva affetti da malattie metaboliche rarissime. Questo stesso servizio però, che esclude le cure per Francesca, non ha ancora avuto attuazione. Sono anche rinnovate al Ministro della Sanità le richieste per le diagnosi di tutti quei soggetti affetti da una sintomatologia simile a quella di Francesca, la cui richiesta di assistenza medica continua ad essere ignorata. A questo punto i genitori di Francesca presentano presso il Tribunale Penale una querela nei confronti di (?).
Nel 2002 il caso di Francesca viene discusso nel Convegno per le malattie rare, “I valori”, organizzato dall’Associazione Giuseppe Dossetti.
La Giunta regionale del Lazio, con delibera n. 1324 in data 5 dicembre 2003, istituisce i centri di riferimento per le malattie rare in base al D.M. 18 maggio 2001, n. 279 con la quale però non viene istituito anche il centro di riferimento per la carenza enzimatica di adenilsuccinatoliasi.
Francesca ha ormai vent’anni e vive la sua difficile vita grazie all’assistenza quotidiana dei genitori. Esce nel 2004 un altro articolo su La Repubblica, ma la Regione Lazio persiste a rifiutare la riattivazione del servizio di enzimologia: Francesca è quindi l’unica malata a non poter disporre di una struttura sanitaria specializzata nel trattamento della sua rara malattia. Sempre nel 2004 la senatrice Ida d’Ippolito presenta un’interrogazione parlamentare al Ministro della Salute.
Mentre in Spagna si esegue un nuovo screening, nel 2004 l’associazione A.N.P.A.M.M si mobilita verso le autorità competenti per chiedere la riapertura del Servizio Speciale di Enzimologia Clinica e contestualmente ridare l’incarico al Professor Costantino Salerno per la diagnosi e la cura della malattia rara da cui è affetta Francesca.
Nonostante le tante porte chiuse i genitori di Francesca non si arrendono e nel 2005 presentano un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Una piccola gioia riempie gli animi della famiglia Tirico perché nel luglio del 2006 Francesca si diploma presso il Liceo Scientifico Tullio Levi Civita di Roma con la votazione di 93/100 dimostrando, se ancora ce ne fosse bisogno, la tanta tenacia che la pervade.
Tra le varie autorità contattate si tenta anche la strada del Comitato Bioetico Italiano senza però ottenere risposta. Ancora una volta Francesca stupisce tutti decidendo di iscriversi all’università: per i genitori è chiarissimo che lo studio la aiuta a contrastare la sua patologia stimolandola giornalmente a reagire a diversi stimoli intellettuali. Inizia così una nuova battaglia contro le istituzioni, anche perché Francesca è ferma nella decisione di volersi iscrivere alla facoltà di medicina per cui si sente naturalmente attratta e predisposta. Nell’attesa di fare il test d’ingresso inizia la frequentazione delle lezioni alla Sapienza (come da art. 6) e grazie al ricorso al TAR Francesca riesce ad essere ammessa in soprannumero (ovvero senza togliere il posto ad altri studenti). È difficile per chi non è quotidianamente attorno a Francesca comprendere come, per una persona nella sua difficile situazione medica, risulti necessario studiare le discipline che più interessano affinché proprio lo studio risulti il più piacevole possibile e utile a contrastare la malattia.
L’università assorbe molte delle tante energie dei genitori di Francesca, ma le loro battaglie non si arrestano e si continua con l’invio spasmodico di lettere e documentazione ai centri italiani ed esteri che si interessano di malattie rare. Viene anche contattato il Professor Michael Famulok dell’Università di Bon che ha recentemente individuato la sostanza PTC124 per curare le malattie genetiche che rientrano nel tipo della nonsense mutation (il nuovo codone produce una proteina più corta del necessario che generalmente è inattiva): la patologia di Francesca però fa parte del gruppo delle missense mutation (il nuovo codone produce l’inserzione di un amminoacido sbagliato nella proteina prodotta. Gli effetti sulla funzionalità della proteina dipenderanno da quale amminoacido sarà stato inserito al posto di quello normalmente presente). Nel 2009 qualcosa sembra muoversi quando il Presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Enrico Geraci convoca una task force di medici – a cui partecipa tra gli altri anche il Professor Salerno – per risolvere la situazione di Francesca. Di nuovo, però, non si giunge a nessun risultato. Dopo l’intervista del papà di Francesca all’Istituto Superiore di Sanità anche il Ministro della Salute Fioroni viene sentito in merito alla non assistenza di Francesca. Sfortunatamente anche questo tentativo non ha buon esito.
Dopo un’accorata lettera della Signora Lina, la mamma di Francesca, nel 2010 il Presidente Napolitano interessa la Prefettura di Roma la quale si limita a comunicare che il caso è già stato segnalato al Ministero della Salute che di nuovo non prende alcuna iniziativa. L’anno successivo l’allora Senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione Sanità, contattato dai Tirico, richiede una relazione scientifica al Professor Salerno per conoscere la delicata situazione di Francesca. Si realizzano alcuni incontri tra un delegato del Senatore Marino, la Direzione Sanitaria del Policlinico Umberto I e l’Istituto di Pediatria: di nuovo con esito negativo. Anche l’atto di diffida al Presidente della Giunta della Regione Lazio rimane inascoltato come del resto l’invio della documentazione completa al Comitato Telethon (con il quale i genitori di Francesca erano da anni in contatto). Francesca decide allora di scrivere al Dottor Alessandro Aiuti, presso Telethon, per chiedergli un parere sulla terapia genica, e al Preside della Facoltà di Medicina Adriano Redler per metterlo al corrente delle difficoltà che sta incontrando – con i vari docenti – nel sostenere gli esami. Anche la voce di Francesca rimane inascoltata.
Non tutti però dimostrano indifferenza verso questa grave situazione di rimballi di responsabilità. Il Professor Cameroni, docente presso l’Università La Sapienza, nel 2012 scrive personalmente una lettera al Presidente Napolitano e per conoscenza anche al Ministro della Sanità, al Ministro della Pubblica Istruzione, al Governatore della Regione Lazio, al Magnifico Rettore dell’Università La Sapienza e al Direttore Generale del Policlinico Umberto I. Fatta eccezione per il Presidente della Repubblica questi destinatari vengono citati in giudizio dai genitori di Francesca per il diritto alla salute e il risarcimento danni.
Nel novembre 2013 la già fragile salute di Francesca viene minata da una polmonite. Viene portata al Policlinico Umberto I dove viene l’infettologo, per curare le numerosissime crisi convulsive che le scatena la polmonite, consiglia di curare Francesca con degli anticonvulsivanti come il tegretol. A questo punto viene ricoverata presso il reparto di neurologia (Stroke Uniti) per pancreatite acuta da tegretol e polmonite. Successivamente Francesca viene trasferita a gastroenterologia. Qui il Professor Leuzzi afferma che la carenza di adenilsuccinatoliasi deve essere curata con gli anticonvulsivanti pur sapendo che tale malattia è farmacoresistente agli anticonvulsivanti. La polmonite non è stata ancora debellata e il 23 novembre Francesca è di nuovo al pronto soccorso dove rimane tre giorni perché i genitori si oppongono ad un nuovo ricovero presso neurologia. Il 26, nonostante il parere contrario, viene ricoverata a neurologia C per polmonite ab ingestis. Il 10 dicembre i medici concordano nel dimettere Francesca anche se il papà le riscontra, con un termometro personale, ancora la febbre. A questo punto si reca alla Direzione Sanitaria facendo presente le condizioni della figlia e ottenendo un trasferimento presso la Seconda Clinica Medica del Policlinico. Qui tramite l’analisi di un prelievo di muco si evidenzia finalmente il motivo del ricovero ovvero un’infezione da stafilococco aureo. Finalmente è curata egregiamente dall’equipe dei medici del reparto di medicina interna che lasciano alla famiglia il delicato compito dell’alimentazione. Il 9 gennaio Francesca è finalmente guarita e può tornare a casa.
Nel 2014 i genitori di Francesca vengono più volte contestati dall’avvocato dell’Università a causa del diritto processuale che esercitano per agire a favore della figlia. Il giudice richiede a questo punto la procura. Va specificato che Francesca, sebbene già maggiorenne, a causa della sua malattia non è in grado di apporre la sua firma. La signora Lina viene nominata dal Presidente del Tribunale di Roma interprete di Francesca che, attraverso l’utilizzo della tastiera computerizzata, scrive una delega all’avvocato ottenendo la procura al padre e alla sorella. Alcuni mesi più tardi la signora Lina riesce a mettersi in contatto con i laboratoristi spagnoli anche grazie all’aiuto di una collega di studi di Francesca laureata in Medicina e Chirurgia. Gli specialisti spagnoli naturalmente indirizzano i Tirico dal Professor Salerno ignorando la grave situazione presente in Italia. Diversamente che in Italia, in Spagna fortunatamente si esegue lo screening per la carenza di adenilsuccinatoliasi senza però che questo impulso sia riproposto in Italia o in altri paesi europei. Inoltre i Tirico, in contatto con la dottoressa spagnola che segue i casi affetti da questa rara malattia, vengono a sapere che tutti i malati non superano la soglia dei vent’anni: Francesca dunque è l’unica paziente che ha compiuto trentadue anni. È questa una notizia rincuorante da una parte, segno che la dieta che segue Francesca è fondamentale per la sua sopravvivenza. D’altra parte però manca una terapia clinica in grado di far regredire la malattia e questo a causa della volontaria non collaborazione delle autorità sanitarie e politiche italiane.
A questo punto Francesca decide di scrivere al Rettore della Facoltà di Medicina per metterlo al corrente della sua grave situazione: dal 2015 infatti, oltre ai problemi causati dalla carenza enzimatica, Francesca trova un’inspiegabile opposizione nel contesto universitario. Dopo i primi anni in cui supera brillantemente i vari esami, nell’ultimo periodo viene ripetutamente respinta anche quando (le registrazioni lo dimostrano) risponde correttamente a 18 domande su 30. Siamo di fronte ad un’evidente chiusura da parte delle autorità che dovrebbero al contrario favorire gli studenti volenterosi e soprattutto gli studenti come Francesca che, anche se afflitti da una grave malattia, si impegnano nello studio della disciplina scelta. Inoltre a causa di questa situazione, Francesca si trova bloccata nell’avanzamento dello studio di nuove materie e questo significa per lei tornare più volte sulla stessa materia senza quindi che possa ricevere quegli stimoli intellettuali, di cui detto sopra, che favoriscono il contrasto della sintomatologia della malattia. I genitori e la stessa Francesca non riescono a spiegarsi un comportamento simile da parte dei vari professori incontrati negli ultimi anni perché ritengono (come è naturale che sia) che un soggetto come Francesca vada al contrario sostenuto e ammirato per la tenacia che dimostra nel voler studiare e progredire in questo difficoltoso cammino universitario. I genitori di Francesca vogliono far presente questa situazione e si rivolgono al T.A.R. dove presentano ricorso. Nel frattempo scrivono anche al Dottor Franco Di Mare, presso Telethon. La lettera del signor Antonio è un grido disperato d’aiuto per Francesca: “[…] se ancora oggi mia figlia vive lo si deve all’assistenza senza risparmio che viene costantemente svolta dalla famiglia. Io e mia moglie abbiamo dimenticato noi stessi, non c’è più vita di coppia e né serenità familiare. Sono 31 anni che siamo in trincea e nessuno fino ad oggi ha risposto concretamente al nostro disperato appello. Che cosa ne sarà di Francesca quando io e mia moglie non ci saremo più? […]”. Antonio descrive la grave malattia di Francesca, i sintomi, la situazione clinica, ma allo stesso tempo emerge la Francesca che anche io ho conosciuto: “intelligente, sensibile, studiosa, incline alla relazione, che parla con gli occhi e il sorriso”. Si sottolinea come ad oggi non si sono ancora messe in atto cure specifiche: “[…] un semplice comunicatore con le lettere dell’alfabeto, costruito dalla madre, maestra di sostegno, che ha dedicato alla figlia ogni istante della sua vita, le consente di esprimersi articolando parole e pensieri. Con questo mezzo scrive poesie e brani in prosa che manifestano una delicata ricchezza di sentimenti e maturità di pensiero […].”[1] In un primo momento, attraverso Fabiana Foresi rappresentante per il Lazio, Telethon sembra interessarsi alla vicenda di Francesca, ma anche da parte loro non arriva il sostegno richiesto.
Nel maggio 2016, pochi mesi fa, il Dottor Alessandro Aiuti, risponde ad una lettera inviata dalla stessa Francesca nell’ottobre 2011. Aiuti fa subito presente che la terapia messa a punto dall’Istituto San Raffaele Telethon di Milano non può essere applicabile per la patologia di Francesca, ma solo alla ADA-SCID, alla leucodistrofia metacromatica in fase presintomatica e alla sindrome di Wiskott-Aldrich. Il dottor Aiuti ammette che personalmente non si è mai occupato della carenza di adenosilsuccinatoliasi, ma consiglia a Francesca di rivolgersi nuovamente a Telethon che continuamente incoraggia lo studio di malattie non ancora indagate dalla comunità scientifica.
Scritti di Francesca: poesie e recensioni
Quando ho conosciuto la storia di Francesca tra i vari documenti che ho studiato per informarmi sulla sua rara malattia e sulle tante difficoltà vissute da lei e dalla sua famiglia, sono rimasta profondamente colpita nel leggere le sue poesie. Sul sito dell’associazione A.N.P.A.M.M. è presente uno spazio dedicato alla raccolta di tutti gli scritti di Francesca.
Francesca è straordinariamente intelligente. Mi spiego meglio: non voglio dire che nonostante la gravissima malattia che l’ha colpita questa donna è comunque in grado di pensare e manifestare le sue volontà. No, quello che voglio sottolineare è che Francesca possiede un’intelligenza superiore alla media, anzi nella sua condizione ha potuto sviluppare una sensibilità superiore che la porta ad osservare il mondo che la circonda e la sofferenza che non l’abbandona mai con uno spirito e una forza d’animo davvero straordinari. Da subito le tante poesie che ho letto mi hanno improvvisamente ricondotto all’universo di sofferenza e riflessione di Giacomo Leopardi, geniale poeta poco compreso dalla società. Definito in maniera superficiale un pessimista è in realtà un uomo che ama più di tutto vivere, stupirsi della bellezza delle cose semplici, tentare di dare risposte alla sofferenza che da millenni attanaglia l’uomo, scoprire i limiti estremi della Natura. La sua condizione fisica, la sua malattia, l’educazione rigida e soffocante ricevuta dal conte Monaldo suo padre, non sconfiggono la sua innata e mai sazia curiosità verso il vivere quotidiano. È proprio il dolore che non lo abbandonerà mai a metterlo nella condizione di focalizzare ogni evento con uno sguardo più attento e approfondito. Una messa a fuoco più clinica. Del resto le cose semplici che allietavano la sua condizione sono quelle a cui noi non badiamo: un gelato, dormire fino a tardi e scrivere di notte, le dissertazioni con l’amico Ranieri, un caldo tramonto nel golfo di Napoli (durante il suo lungo soggiorno per cercare di guarire dalla tubercolosi che lo aveva colpito), piccoli piaceri che curano la sua anima, donandogli quella pace e quella serenità che cercava da tutta la vita. E lo stesso vale per Francesca che scrive di speranza e di pace, di gioia e di amore. Le sue poesie sono brevi componimenti che aprono una finestra sull’interiorità di questa ragazza così attenta a registrare ogni minimo cambiamento che si verifica intorno a lei. Ben cosciente della sua difficile condizione, del dolore provato continuamente, dell’incapacità di farsi ascoltare dal suo corpo, la speranza rimane per Francesca un approdo sicuro per la sua anima tormentata, la più efficace delle cure: “[…] Speranze attimi di gioia, di respiro profondo. Nulla ti penetra nell’anima con tanta violenta come il desiderio di speranza”[2]. L’impossibilità di comunicare le centinaia di emozioni che si alternano durante la giornata rimane per lei il limite più doloroso con cui convivere. Il silenzio della sua voce che solo lei conosce, che si fa strada nella sua mente, ma non diventa mai parola o risata, Francesca lo racconta in un’altra toccante poesia: “Mentre ascolto la voce di chi parla, il silenzio della mia voce, aleggia tutt’intorno. Penso alle parole che non ho mai potuto dire e alle frasi rimaste nella mente […] Nulla, può dare più tormento del Silenzio di chi non può parlare”[3]. La fragile condizione che determina la sua vita non le impedisce di ricercare la pace e la serenità. Con grande maestria accosta parole ed immagini sulla carta. Ecco affiorare una poesia intitolata Ricordi, dodici righe in cui emerge, senza filtri, quanto sia schiacciante il peso della malattia: “[…] imparo a capire le persone, basta dimenticare la realtà. Si fa giorno attorno e tutto cambia. Ricordo che ci sono i problemi, ricordo che ci sono i problemi”[4]. La sua disabilità si riflette in tutto quello che Francesca non può fare, nel suo dipendere totalmente dagli altri. A volte questa certezza la rattrista, la malinconia prende il sopravvento: “[…] Io mi rattristo delle poche cose fatte. Pensieri, azioni non fatte, mille momenti non vissuti […]”[5]. Allo stesso tempo tutto questo non le impedisce di emozionarsi, di essere triste piuttosto che allegra: tuttavia proprio questa sua condizione di vivere a metà le ferisce l’anima, “l’anima mia sente ogni emozione come un’arma mirante a ferir il cuore”[6] scrive infatti Francesca, intrappolata nella costante inquietudine e nella ricerca di piccoli momenti lieti. La sua vita è un doloroso alternarsi di dolore e consapevolezza: “[…] La gioia, la tristezza, il pianto, accompagnano la vita mia come silenziose ombre, non lasciano spazio a momenti quieti né ad attimi ameni dove la mente mia possa approdare”[7]. Solo il pensiero la trasporta lontano dalla sofferenza del suo corpo, immaginando spazi e tempi sereni, mentre quello che la sua anima costantemente sente la aiuta a superare i giorni che passano nella routine prestabilita. Attraverso le emozioni Francesca sente di crescere: “[…] La mia mente resta attenta ogni momento e nulla sfugge al mio pensiero ogni emozione mi lascia crescere, ogni tenero sentimento rende la mia vita più bella”[8].
Tra i vari scritti di Francesca, suo padre, il signor Antonio, mi mostra una serie di recensioni pubblicate nell’agosto del 2013 riguardo la mostra di un artista di Venosa che la famiglia Tirico aveva visitato mentre erano tornati in Basilicata per le vacanze estive. Roberta Lioy è un artista informale, ceramista, grafica e pittrice. Raggiunge la sua massima espressività attraverso la body painting (e quindi con Live action sempre nuove). Gesti, colori e materia fermano sul supporto scelto una visione legata alla realtà o alla dimensione del sogno. Francesca, in occasione di una sua esposizione a Barile, lascia un commento che davvero impressiona per la sensibilità con cui riesce a comprendere l’opera di questa artista. Non si limita solo a esprimere un giudizio, coglie davvero l’intenzione che vuole assumere Roberta Lioy nei confronti dell’arte: “Gli stili sono ambedue interessanti, quello del paesaggio esprime uno stato d’animo profondo, sensibile alla luce ed al colore quale rapporto tra l’artista e la sua visione onirica della realtà. I petali informali esprimono tutte le sfumature dell’anima in un’esplosione di colore che colpisce lo sguardo e meraviglia la mente. L’altro stile coglie un particolare dell’ immagine e lo immerge in una prospettiva nuova dalla quale l’osservatore è osservato. Il quadro diventa così realtà che vede. Roberta ama stupire e si stupisce contemporaneamente. Usa l’immagine per dialogare con lo spettatore che nei suoi quadri scorge la sua irruente e forte voglia di rinnovarsi continuamente”.
Una giornata con Francesca
Passare una giornata con Francesca e la sua famiglia significa staccarsi per un momento dal proprio individualismo per guardare la vita, con le sue piccole gioie, e desiderare ardentemente di incamerare a pieni polmoni tutto l’ossigeno che questa ci concede. Francesca è una medicina contro la noia che affligge gli uomini del terzo millennio, impegnati come sono a guardarsi i piedi senza riuscire ad accorgersi dell’incredibile misteriosa bellezza che li circonda, uomini che si affliggono per una notorietà spicciola, pieni di solitudine dentro e di cinismo fuori. Quando l’ho conosciuta anche io ho sollevato lo sguardo oltre me stessa ed è stato incredibile.
La difficile condizione in cui vive non ha tolto il sorriso a questa giovane donna che ti osserva con i suoi grandi occhi scuri in cui il guizzo della gioia è sempre vivo. Quando la raggiungo nella stanza dove durante la mattina studia per i suoi esami di medicina con la sua assistente, Francesca si emoziona nello scorgermi sulla porta insieme a sua madre, la signora Lina, aiuto indispensabile e forza della natura di amore materno incondizionato. Mi siedo accanto a Francesca sul divano, le stringo la mano mentre lei cerca di esprimere la sua gioia tentando di parlare. Lina è ormai in grado di comprendere i vocalizzi della figlia, ma io ovviamente che la incontro per la prima volta no. Così mi mostra come Francesca è in grado di esprimersi usando un cartoncino (cartella cartacea) in cui è scritto l’alfabeto, una sorta di tastiera qwerty (quella comunemente presente nei PC, nei cellulari ecc.). Ѐ stupefacente: Francesca non vuole semplicemente sapere il mio nome e cosa faccio. Vuole conoscermi e leggermi dentro. E ci riesce benissimo, è capace di darmi risposte impreviste, segno che con i suoi meravigliosi occhi mi osserva attentamente, fuori e dentro. Mi chiede un bacio e poi torna a studiare per il suo esame imminente ed io a parlare con Lina. La mamma di Francesca è una donna incredibile, bellissima, di una bellezza raffinata, senza bisogno di fronzoli. Una bella cadenza romana che non la involgarisce, ma anzi le conferisce caparbietà e testardaggine. Tutte doti che l’hanno aiutata nella battaglia per assistere sua figlia. Lina mi parla di Francesca e a tratti sembra quasi che questa famiglia non sia stata afflitta da questa terribile sorte. Tutti gli aneddoti, le difficoltà incontrate, ma anche le gioie potrebbero essere quelle di una famiglia qualsiasi alle prese con i problemi quotidiani. Lina, che parla di sua figlia spesso chiamandola “Chicca”, non sottolinea mai le difficoltà incontrate, ma sempre i traguardi raggiunti, le gioie provate. Ha ragione la signora Lina perché Chicca è tenace e caparbia e queste sue doti l’hanno aiutata (e l’aiutano tutt’ora) ad affrontare ogni giorno con la determinazione giusta e non con la rassegnazione. La stessa determinazione che spinge Francesca, quando arriva l’ora di pranzo, a tentare di mangiare da sola, senza l’aiuto del padre, con i suoi occhi che ridono, contenta del risultato che ottiene. Proprio questo aspetto del suo carattere, mi avverte Lina, è risultato fondamentale per arrivare fino a qui: è il caso di ripeterlo, unico caso affetto da questa malattia che abbia superato i venti anni.
La mattina Francesca, che dorme in un letto nella camera con i genitori che vigilano sempre sulle sue possibili crisi notturne, viene svegliata alle 7 e 30. Sua madre si occupa di lei, la lava, la veste, fanno insieme la colazione. Poi verso le 9 e 30 arriva un’assistente, Irma, con cui Francesca studia fino all’ora di pranzo. Il momento del pasto Francesca è con i suoi genitori, ormai in pensione, che si occupano diligentemente della sua dieta alimentare. Dopo pranzo, verso le tre del pomeriggio, inizia un’ora di fisioterapia con il relativo specialista, successivamente si continua con lo studio fino all’ora di cena (durante il pomeriggio è presente un assistente diverso da quello della mattina in modo che Francesca sia a contatto con più persone possibili e riceva quindi diversi stimoli).
Francesca trascorre così le sue giornate che si potrebbero definire tutte uguali, ma è pur vero che Lina cerca costantemente di fornire alla figlia gli strumenti con cui lei possa interagire con il mondo che la circonda. Sappiamo benissimo che ognuno di noi cresce e conosce il mondo attraverso le esperienze che riesce a fare di questo. Ne consegue che le persone affette dalla patologia di Francesca non hanno a disposizione tutti i mezzi per poter entrare in relazione con la realtà che li circonda. Un neonato impara a parlare perché ascolta i genitori parlare. Un neonato privato di contatti umani non impara a comunicare. La difficoltà che incontra Francesca con il linguaggio derivano dal fatto che a causa della carenza enzimatica non ha avuto gli strumenti adatti per apprendere le regole del linguaggio e del movimento. Erroneamente infatti era stata definita in un primo momento affetta dalla sindrome autistica. Impossibilitata dall’apprendere attraverso il canale del movimento e del linguaggio Lina, Antonio e tutti gli assistenti che la seguono le forniscono altre direzioni per la conoscenza che passano per le vie sensoriali. Per questo motivo risulta comunque fondamentale parlarle come si parlerebbe con qualsiasi persona, insegnarle le varie discipline indispensabili ad ognuno di noi (nel caso specifico di Francesca parliamo del percorso universitario da lei scelto), comunicarle i nostri stati d’animo, coinvolgerla nel maggior numero di attività di socializzazione alla quali può partecipare. Francesca apprezza molto la compagnia dei suoi colleghi universitari, dei suoi cugini, degli amici di famiglia ecc. certo ci sono degli aspetti di questa grave malattia che non possono essere trascurati. Per esempio la patologia le provoca un accumulo di ammoniaca dannoso che il corpo elimina attraverso le crisi convulsive che riconducono all’epilessia. L’organismo infatti attiva questo meccanismo in difesa dei neuroni che potrebbero danneggiarsi a causa degli alti livelli di ammoniaca. In questo caso risulta quindi utile non curare i sintomi (cioè la reazione epilettica in sé) che sono un valido campanello d’allarme, ma risolvere le cause che provocano l’aumento di ammoniaca nel corpo. Da alcuni mesi proprio Francesca ha suggerito ai genitori di somministrarle aminoacidi che regolano la produzione di ammoniaca. Oltre a questo, fondamentale per la salvaguardia del suo organismo è l’adesione senza eccezioni ad una dieta alimentare molto precisa che limita il più possibile l’assunzione delle purine. La dieta è stata sostanzialmente messa a punto dai genitori di Francesca (che negli anni hanno potuto osservare le varie reazioni della figlia ai diversi alimenti ed escludere così quelli dannosi) e si tratta di un regime a basso contenuto proteico che predilige alimenti in cui non compaiono gli zuccheri, il glutine e latte e derivati. Il signor Antonio prepara personalmente ogni giorno una pizza a base di farina Schar mix C (senza destrosio) con cui Francesca fa colazione la mattina perché impossibilitata ad assumere latte, yogurt, succhi di frutta ecc. All’ora di pranzo Lina prepara la pasta, il riso o la tapioca (pasta Loprofin, aproteica) con sugo di pomodoro, petto di tacchino o di pollo; in alternativa un uovo o pesce. Le verdure che Francesca può mangiare sono quelle con la minor quantità di zuccheri: zucchine, poca bieta e poca carota cotta, pomodoro, cipolla e patate. Olio di mais e poco sale per condire. Questo regime alimentare si somma quotidianamente con l’assunzione di integratori di vitamine, minerali, magnesio, melatonina. La somministrazione, mi spiegano i genitori di Francesca, deve variare a seconda dello stato fisico di Francesca.
Università
Una limpida mattina di aprile, raggiungo la famiglia Tirico all’ Università La Sapienza dove Francesca seguirà la lezione di farmacologia. Tre volte a settimana infatti i genitori si organizzano e insieme all’assistente portano Francesca all’università per permetterle di ascoltare le varie lezioni. Francesca è ormai conosciuta da molti studenti nella sua facoltà. Negli anni ha stretto rapporti sinceri e profondi con tanti ragazzi e ragazze che provano per lei sentimenti di affetto e ammirazione. Antonio e Lina mi vengono incontro sorridenti anche se è chiaro che anche questa giornata non sarà semplice. L’aula del dipartimento in cui sta per iniziare la lezione non è troppo grande. Francesca è già seduta in prima fila accanto all’assistente. Mi scorge vicino la porta mentre ascolto Lina raccontarmi la situazione all’università. È serena, tranquilla, impettita, smaniosa di iniziare questa mattinata di studio. Appare così chiaro, osservandola in questa dimensione, quanto l’essere lì per lei, circondata dai colleghi sia indispensabile e che Francesca ama davvero studiare, conoscere il mondo, sentire l’affetto delle persone. Una mattinata di studio significa una mattinata di tranquillità. Sicuramente non avrà i suoi forti mal di testa, mi spiega Lina, perché quando si dedica a qualcosa che le piace i stimoli che riceve contrastano efficacemente i sintomi della malattia. Per questo è importante fornire a Francesca l’opportunità di seguire con una frequenza fissa le lezioni e di preparare gli esami. Purtroppo sono proprio gli esami l’ostacolo con cui negli ultimi anni si scontra Francesca e la sua famiglia. Dopo settimane di studio Francesca è ansiosa si sostenere l’esame per poi potersi dedicare ad un’altra materia, invece con motivazioni sempre diverse, ma ugualmente futili, viene bocciata. Profondamente avvilita, Antonio mi racconta di come sia frustante per Francesca ricevere questi continui rifiuti da parte del mondo accademico che, nella loro ottusa visione del mondo, non si accorge della passione di questa ragazza per lo studio e soprattutto ignora la fondamentale valenza medica che rappresenta l’università per Francesca.
Conclusione
A fine maggio è avvenuto un altro incontro con la famiglia Tirico. Francesca stava preparando un altro esame di medicina che però, come altri, non è riuscita a superare o meglio non le hanno fatto superare. La mattina della mia visita Francesca era molto tesa e nervosa. La signora Lina mi spiega infatti che anche un tono di voce sbagliato può stressare la figlia che, come a proteggersi, si annulla dal contesto, lo sguardo le si opacizza. A quel punto bisogna trovare il modo di distrarla: Irma e Lina infatti le porgono subito una palla con cui riesce a distendersi. La signora Lina allora mi racconta un episodio simile avvenuto qualche giorno prima in cui Francesca per spiegare alla madre il suo malessere le ha detto: “sono in un banco di nebbia, ma la tua voce mi aiuta ad orientarmi”. Di fronte a questa richiesta d’aiuto come si può rimanere impassibili? Come possono le istituzioni risolvere, concretamente, le precarie condizioni di vita di questa giovane donna entusiasta della vita nonostante tutto? I genitori di Francesca non si arrendono e continuano a interpellare gli organi preposti alla risoluzione di questa difficile vicenda, ma gli anni passano e la fatica e le difficoltà si avvertono con più insistenza sulle spalle di Antonio e Lina. Certamente due genitori straordinari, tenaci e determinati, ma alla soglia dei settant’anni e con la preoccupazione per la salute della figlia che sembra, allo stato attuale, non avere sviluppi verso una risoluzione. L’appello accorato della famiglia Tirico riguarda la scoperta di una terapia risolutiva che, sulla base di quella elaborata nel 1991, tenga anche conto della presenza dell’ammoniaca nell’organismo di Francesca e di come questa generi ripetute crisi. Una volta trovata la terapia fondamentale, l’accoglienza in una struttura sanitaria adatta alla somministrazione delle cure diventa il passo successivo. Questa rara malattia non è incurabile, un nuovo screening fornirebbe un quadro clinico della situazione italiana e accerterebbe la reale presenza di casi in Italia. Non si può continuare a ritenerla, convenientemente, una malattia neurologica. La caparbietà di Antonio e Lina e della loro figlia Francesca, devono essere da stimolo per tutte le altre famiglie che vivono una situazione simile di abbandono da parte delle istituzioni. Lina trasmette coraggio e forza, caparbietà e ostinazione, ma è pur sempre una mamma stanca e preoccupata per il futuro della figlia. Parlandoci un mese fa mi ha espresso, con un’immagine semplice e precisa, il suo stato d’animo: “reggiamo questa situazione come fosse una diga da contenere con le mani”.
Alla metà di luglio torno a trovare Francesca e i suoi genitori che hanno da raccontarmi un’importante novità.
Il desiderio più grande dei genitori di Francesca è ovviamente quello di trovare delle risposte certe alla malattia contro cui lottano da anni e forse queste risposte sono un pochino più vicine grazie all’interessamento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Circa un mese fa infatti la famiglia Tirico si è recata ai giardini del Quirinale in occasione della festa del 2 giugno ed ha potuto lasciare una lettera di Francesca per il presidente Mattarella:
(lettera digitata da Francesca con la facilitazione e trascritta dall’assistente)
Egregio Presidente Mattarella,
so che Lei è una persona attenta ai problemi degli ultimi, di coloro ai quali in questa società è negato perfino il diritto di vivere.
Sono una ragazza affetta da una rara e gravissima patologia metabolica (carenza di adenilsuccinatoliasi), descritta nelle due lettere che allego.
Lei parla spesso di legalità, di merito, di fiducia, ma la mia storia è costellata di esperienze di illegalità, di demeriti e di sfiducia. Illegalità per la immotivata chiusura nel 1997 del Servizio Speciale di Enzimologia Clinica del Policlinico Umberto I di Roma nel quale il primario professor Costantino Salerno nel 1992 diagnosticò la mia malattia sconosciuta in Italia e per i ripetuti rifiuti di riaprire tale servizio, impedendo al professor Salerno di continuare le ricerche per curarla, di effettuale altre diagnosi della malattia e di aiutare tanti altri ragazzi affetti da patologie delle quali non si conoscono le cure, nonché per avermi la sanità italiana negato l’assistenza del professor Salerno unico esperto della malattia. Il merito non è mai stato attribuito a tutte quelle persone che, negando la propria vita, mi hanno permesso di vivere nonostante la malattia terribile e mortale che mi affligge. Per quanto riguarda la sfiducia ho incontrato spesso medici che non hanno dato nessun valore alla mia vita e, se non fossi stata aiutata dall’amore delle persone che mi vogliono bene, sarei diventata un vegetale.
I medici spagnoli hanno detto a mia madre che tutte le persone affette da questa patologia non vivono più di venti anni e sono immobilizzate. Il mio caso dovrebbe essere un punto di merito e di orgoglio per il nostro Paese che ha bisogno di credere e di sperare. C’è tanta gente che compie nel silenzio il proprio dovere e si prodiga per tutelare la vita. Queste persone non devono sentirsi sole.
Le chiedo un incontro insieme con i miei genitori e di prendere in considerazione sia la lettera che ho scritto al mio ex Preside della Facoltà di Medicina ed Odontoiatria dell’Università “La Sapienza”, sia la lettera scritta per me dal professor Cameroni al Presidente della Repubblica e ai rappresentanti delle Istituzioni indicate. A queste due lettere non è stata data risposta, né è stata data risposta alle numerosissime lettere scritte dai miei genitori.
So che Lei non resterà in silenzio. In attesa di una sua risposta La saluto con tanto affetto.
Francesca Tirico
Roma 01-06-2016
Inaspettatamente il giorno successivo, il 3 giugno, la Segreteria del Presidente Mattarella ha contattato Antonio e Lina. Colpito dalla complessa e dolorosa storia di Francesca, Mattarella ha voluto fissare un incontro per il 21 giugno presso il Palazzo del Quirinale. L’incontro è stato molto emozionante a detta della signora Lina che con occhi contenti me lo raccontava. Il Presidente era visibilmente colpito dalla condizione di Francesca, ma anche e soprattutto dalla sua forza d’animo e caparbietà. Una volta arrivati nello studio personale del Presidente della Repubblica sono state approfondite le varie vicende descritte da Francesca nella lettera, le battaglie combattute negli anni dai Tirico, le difficoltà riscontrate all’università. Francesca ha potuto comunicare a Mattarella i suoi pensieri e la sua gioia nell’essere stata finalmente ricevuta dalla più alta autorità dello Stato italiano attraverso la tastiera per digitare le parole. Al termine il Presidente stesso si è avvicinato a Francesca per prometterle la sua vicinanza e il suo sostegno per il miglioramento della sua condizione medica. Dopo l’estate la famiglia Tirico sarà nuovamente contattata per stabilire un nuovo incontro.
Dopo tanti anni di strenua lotta con le istituzioni lo scetticismo è anche comprensibile, ma il Presidente Mattarella appare un uomo ispirato da nobili valori di correttezza e lealtà e profondamente sensibile e attento alle sorti di quelli che sono considerati gli ultimi dalla società odierna.
Con poche, ma efficaci parole concludo questa biografia. Si tratta di un pensiero di Francesca a cui non serve dare una spiegazione ulteriore:
“A chi mi dice di pregare per ricevere un miracolo io rispondo che tutta la mia vita è una preghiera e che Dio ogni giorno compie un miracolo nella mia vita facendomi vivere perché la Scienza si ravveda e mi faccia guarire”.